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19^ puntata - ''Storia dell'ulivo''

19^ puntata - ''Storia dell'ulivo''


Storia dell'ulivo
Pianta sacra da tempo immemorabile, l'ulivo è protagonista di diverse leggende che ne hanno attribuito questa sua origine divina.

La tradizione ebraica racconta che dai semi portati da un angelo e posti tra le labbra di Abramo, sepolto sul monte Tabor, nacquero tre piante: un cipresso, un cedro e un olivo.
Nell'Antico Testamento, la colomba che annuncia a Noè la fine del diluvio e la ricomparsa delle terre emerse porta nel becco un ramo d'ulivo.

Stesse origini l'ulivo ha anche nella mitologia greca. Da una contesa tra Poseidone e Atena sorta per il possesso dell'Attica, Atena fece germogliare un ulivo accanto al pozzo che aveva donato Poseidone e il tribunale composto da tutte le divinità olimpiche, convocato per decidere chi doveva governare l'Attica, decise che il dono migliore era stato fatto da Atena.

Sempre dalla mitologia greca, Apollo nacque a Delo sotto una pianta di ulivo e Aristeo, figlio di Apollo e Cirene, apprese dalle Ninfe del mirto come innestare l'olivastro per ottenere l'olivo.
Anche i primi cristiani, che combatterono tutti i culti pagani degli alberi, rispettarono invece l'ulivo, il cui olio sacro serviva per la cresima, la consacrazione dei sacerdoti, l'estrema unzione.

La storia racconta che, originario della parte orientale dell'area mediterranea, l'olivo si diffuse in Egitto, in Palestina, a Creta, a Rodi, nell'Attica, in Italia e poi in tutto il bacino del Mediterraneo. Il codice Babilonese di Hammurabi, che risale a circa 2500 anni prima di Cristo, cita l'olio di oliva e ne regolamenta la compravendita.

In Egitto, ai tempi della XIX dinastia, intorno al 1300 a.C., rami d'ulivo erano posti sulle tombe dei sovrani. Fenici, Greci e Cartaginesi commerciarono olio e contribuirono a diffondere la coltivazione dell'ulivo, utilizzato non solo come alimento, ma anche per le cure del corpo e per l'illuminazione.

In Italia, portato dai coloni greci, l'ulivo fu coltivato dagli Etruschi, che già nel VII secolo a.C. ne possedevano vaste piantagioni. Più tardi i Romani organizzarono razionalmente la distribuzione e il commercio dell'olio. A Roma costituirono l'arca olearia, una sorta di borsa dell'olio d'oliva, dove collegi di importatori, "negotiatores olearii", trattavano prezzi e quantità.

Secondo i più illustri naturalisti romani, esistevano ben dieci varietà diverse di ulivi e l'olio prodotto era classificato in cinque categorie. Il più pregiato era l'Oleum ex albis ulivis, ottenuto da olive verde chiaro, cui seguivano il Viride, ottenuto da olive che stanno annerendosi, il Maturum, frutto della spremitura di olive mature, il Caducum, ottenuto da olive raccolte da terra, e il Cibarium, prodotto con olive bacate e destinato solo agli schiavi.

Con la decadenza dell'impero e la cessazione dei tributi, l'olivo venne però a mancare e le invasioni barbariche fecero pressochè scomparire la pratica colturale dell'olivo.

Nel Medioevo sopravvissero oliveti di ridotte dimensioni presso alcuni conventi e nei feudi fortificati che sorsero soprattutto in Toscana. Successivamente, furono proprio i conventi a ricreare oliveti di grandi dimensioni, dati in gestione a contadini con contratti "ad laborandum", secondo cui il proprietario dell'oliveto riceveva parte del raccolto e alcune giornate di lavoro nelle proprie terre.

Più tardi, nel XII secolo, vennero stipulati contratti "ad infinitum", cioè senza limiti di tempo, per cui i contadini si impegnavano alla coltivazione in cambio di un fitto, sovente pagato in olio.

Gli oliveti ripresero a diffondersi, Firenze divenne un centro importante per la coltivazione ed emanò severe leggi che regolamentavano la coltivazione dell'olio e il suo commercio; Venezia e Genova cominciarono a commerciare quantità sempre maggiori di olio proveniente da Corinto, Tebe, Costantinopoli e dalla Romania, Provenza, Spagna e Africa del nord.

All'inizio del XIV secolo, la Puglia divenne un enorme oliveto e piantagioni sorsero in Calabria, Abruzzo, Campania e Sicilia. Tale divenne l'importanza di questo alimento per queste regioni che, nel 1559, Parafran De Riveira, vicerè spagnolo, fece costruire una strada che collegava Napoli alla Puglia, alla Calabria e all'Abruzzo per agevolare il trasporto dell'olio.

Dopo una stasi attorno al 1600, dovuta alla dominazione spagnola che aumentò le tasse sulla produzione dell'olio e instaurò contratti a termine della durata di due o tre anni (non più convenienti per il coltivatore), la produzione riprese a crescere nel 1700 con lo svilupparsi del libero mercato e l'esenzione di tasse sugli uliveti per la durata di quarant'anni.

L'olio italiano venne diffuso in tutta Europa, e la stessa Caterina di Russia ricevette campioni di olio italiano racchiusi in un cofano in legno d'olivo. Nel 1830 papa Pio VII garantiva un premio in denaro per ogni olivo piantato e curato sino all'età di 18 mesi. Persino re Umberto, nel 1944, emanò un decreto, ancora oggi in vigore, che vieta l'abbattimento delle piante d'olivo.

Oggi si calcola che quasi la totalità di piante di olivo coltivate nel mondo sono presenti nel bacino del Mediterraneo, anche se si coltivano ulivi anche in Sud America, Australia, Oceania, Cina.

L'olivo è ovunque nel mondo e ogni anno le coltivazioni aumentano, così come cresce l'interesse per l'olio extra vergine.


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