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20^ puntata - ''CASCINE ORSINE, TERRA BIODINAMICA''

20^ puntata - ''CASCINE ORSINE, TERRA BIODINAMICA''


CASCINE ORSINE, TERRA BIODINAMICA

A Bereguardo, in provincia di Pavia, all’interno del parco del Ticino, c’è un posto speciale dove, nel silenzio della campagna, si possono sentire ancora le rane che cantano.
È le Cascine Orsine, azienda agricola che fin dall’ormai lontano 1975 ha scelto di praticare l’agricoltura biodinamica, animata dalla passione e dal coraggio della fondatrice Giulia Maria Crespi che vi si avvicinò dopo un soggiorno di cura in Svizzera, dove conobbe i prodotti a marchio Demeter.
All’epoca erano in pochi a parlare anche di biologico, come racconta il figlio Aldo Paravicini
Crespi che da sempre ha sostenuto e condiviso il progetto della madre: “Abbiamo vissuto gli albori dell’agricoltura biologica in Italia. Era un’epoca pionieristica, molto piena di passione, molto bella. Fare un’attività del genere era una sfida, significava andare controcorrente”. Dopo l’intera conversione dei terreni, un lungo percorso durato ben 12 anni, le Cascine Orsine sono diventate
una vera oasi biodinamica, un rifugio per la biodiversità dove, oltre alla rane, possono vivere
molti altri animali perchè qui sono banditi i diserbi e i concimi chimici che altrove ne compromettono la sopravvivenza. Non a caso, l’azienda ha scelto come logo quello della rana che canta, che si lega ai ricordi di Giulia Maria: da bambina, quando camminava lungo le risaie verso la fine di maggio, non sentiva più il gracidare delle rane perchè erano stati spruzzati i diserbanti.
Le Cascine Orsine sono situate lungo il corso del Ticino; questa vicinanza ha certamente un significato particolare perchè, come ci spiega Aldo, “l’acqua è il perno dell’agricoltura: senza acqua non si fa agricoltura”.
Si tratta di una zona naturalistica protetta, dove l’agricoltura biologica e biodinamica rivestono un’importanza particolare: gli inquinanti maggiori dei fiumi sono proprio i concimi e gli erbicidi chimici. Grande importanza viene data all’aspetto paesaggistico, con la conservazione di siepi e filari in grado di preservare l’ambiente dall’inquinamento circostante, oltre a costituire l’habitat
perfetto per molte specie animali. L’azienda, inoltre, preserva ancora 12 ettari di “marcite”.
Si tratta dei “prati marcitoi” inventati dai frati cistercensi nel 1500: questa pratica riveste un’importante valenza ambientale perchè nei mesi freddi, quando il terreno tende a gelare, l’acqua delle marcite, che non ghiaccia, ospita numerosi uccelli, in particolare i preziosi insettivori. Inizialmente l’azienda si estendeva per 180 ettari; ora sfiora i 500 ettari coltivati in tre corpi aziendali. Vi lavorano più di 20 persone: rispetto a quella convenzionale, l’agricoltura biodinamica
richiede un impiego di manodopera superiore di circa il 50%. Il che significa più posti di lavoro, fattore di non poco conto, soprattutto in tempi di crisi e disoccupazione. Quasi tutti i dipendenti abitano nelle cascine dislocate nei terreni aziendali, è un modo per prendersi cura dell’ambiente anche dal punto di vista urbanistico: vengono così riqualificati vecchi edifici altrimenti destinati all’abbandono e alla fatiscenza. Anche questo approccio incide sui costi che, in genere, nella biodinamica sono già più alti. Oltre alla maggior richiesta di manodopera, ci spiega Aldo, “la resa delle coltivazioni è inferiore a quella di terreni e ambienti sotto il doping della chimica di sintesi”,
c’è da gestire una maggior complessità dell’organizzazione aziendale.
Per mantenere la biodiversità e per garantire una maggiore fertilità del terreno, ci si avvale di tecniche come la rotazione delle colture, che può prevedere un ciclo di 7/8 anni. Un terzo della superficie viene coltivata a prato, fatto del tutto inconsueto nelle aziende convenzionali, vengono praticate colture miglioratrici, come la soia o il pisello proteico, e si ricorre alla tecnica del sovescio,
o concimazione verde, che permette di ottenere, come afferma Aldo, “incredibili risultati in termini di apporto di sostanza organica e miglioramento della struttura del terreno”. Soprattutto se abbinata all’uso dei preparati biodinamici che, utilizzati in piccolissime quantità, incrementano la
fertilità del terreno. La ricerca condotta in Svizzera dall’istituto Fibl e pubblicata nel 2006 sulla rivista Science, che confronta 20 anni di gestione di terreni preparati con il metodo biodinamico, con il metodo biologico e con quello convenzionale, ha dimostrato sui primi una maggior fertilità, una maggior ricchezza di microrganismi, di vita e di vitalità.
È il terreno la base per avere prodotti di qualità superiore e in biodinamica, come spiega Fabrizio, che in azienda si occupa dell’orto e dell’allestimento dei preparati, “la terra, se la tratti bene, ti fa bene”. Oltre alle coltivazioni e all’allevamento, qui si presta molta attenzione alla formazione, organizzando corsi con l’Associazione per l’agricoltura biodinamica. Alle domande sul futuro
dell’azienda, Aldo risponde: “Immagino un’azienda che faccia sempre più formazione e informazione, creando magari anche un punto di ristoro dove le persone, prima di acquistarli, possano assaggiare i nostri prodotti.
Solo assaggiando il cibo si può davvero capire qual è la sua qualità”.


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