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I poteri e i limiti dell’amministratore di condominio

I poteri e i limiti dell’amministratore di condominio



La Cassazione del 5.6.2014 n. 12678 ha escluso che rientri nei poteri e compiti (1129 - 1130 c.c.) dell'amministratore di condominio l'accertamento dell'esistenza di una servitù di passaggio a favore dei proprietari dell'edificio che amministra.

Nell’ambito condominiale molto spesso ci si chiede quali sono i poteri e i limiti ai poteri dell’amministratore di condominio. Questo tipo di quesito, oltre alle competenze, proprei dell’amministratore, sottintende ad un’altra questione, relativa ai rapporti tra amministratore di condominio e assemblea (o proprietari), in altri termini, ci si chiede se l’assemblea è subordinata all’amministratore (molto spesso ai dictat di quest’ultimo) oppure è l’amministratore è subordinato alle decisioni dell’assemblea.
Il problema teorico, ovviamente, ha applicazioni pratiche notevoli, infatti, in concreto occorre comprendere quali sono i margini di manovra dell’amministratore senza autorizzazione preventiva dell’assemblea. Ad esempio, l’amministratore può disdire un contratto (di pulizia) senza essere autorizzato dall’assemblea (e se compie un tale atto e ci sono delle penali chi paga?); l’amministratore può stipulare un contratto di locazione della casa del portiere senza la delibera dell’assemblea, oppure, può disdire un contratto di fornitura elettrica e contemporaneamente stipularne uno nuovo (indipendentemente dalle condizioni migliori del nuovo contratto?; oppure l’amministratore può chiudere il vecchio conto corrente bancario e aprirne uno nuovo conto corrente (considerando che dopo la riforma del condominio e i nuovi rapporti tra rendiconto e conto corrente, il conto corrente è un documento probatorio delle entrate e delle uscite importantissimo ?
Per rispondere a tutte queste domande occorre individuare i principi generali che regolano la posizione dell’amministratore.
Il rapporto tra amministratore di condominio e i proprietari viene ricompreso nell’ambito del contratto di mandato. Questo comporta che l”amministratore di condominio è, di fatto, un mandatario dei proprietari, da quanto detto è possibile anche ricavare un primo principio generale, l’amministratore è subordinato (cioè agisce su incarico ed imput) dei proprietari. Se questo principio è corretto è anche corretto affermare che l’amministratore di condominio è subordinato all’assemblea di condominio, in quanto l’assemblea di condomino è l’organo che riunisce tutti i proprietari. Se, quindi, l’amministratore di condominio è naturalmente subordinato ai proprietari,(mandato) l’amministratore è anche subordinato ai proprietari quando agiscono come assemblea.
Questo consente di escludere che la posizione dell’amministratore di condominio sia equiparabile o avvicinabile a quella dell’amministratore di una società, l’amministratore di condominio ha molti meno poteri di un amministratore di una società (quindi, è opportuno, diffidare da amministratori di condominio, che convocano una sola assemblea l’anno con 20 argomenti all’ordine del giorno).
Occorre, ora, comprendere se l’amministratore ha (ed entro quali limiti) dei margini di manovra, che gli consentono una certa indipendenza dall’assemblea di condominio (e dai proprietari). Sul punto è possibile far riferimento al preventivo di spesa annuale e all’art. 1135 c.c. relativo alle competenze dell’assemblea dove è scritto che “L’amministratore non può ordinare lavori di manutenzione straordinaria, salvo che rivestano carattere urgente, ma in questo caso deve riferirne nella prima assemblea”. Da quando previsto nell’art. 1135 c.c. sembra che il legislatore abbia distinto tra ordinaria amministrazione e straordinaria amministrazione e solo per quest’ultima spetta la preventiva autorizzazione dell’assemblea (salvo non si tratti di lavori urgenti).
A questo punto sorgono due questioni, 1) quando un’attività rientra nell’ambito ordinario e quando, invece, deve essere considerata straordinaria, 2) verificare se questo criterio può essere sempre seguito, se, cioè (in concreto) anche per l’ordinaria amministrazione l’amministratore può dirsi effettivamente svincolato dall0assemblea.
Sulla nozione di ordinaria e straordinaria amministrazione è possibile fare riferimento ad una recente sentenza della Cass., civ. sez. III, 13 aprile 2010 n. 8720 secondo la quale: “Vanno considerati di ordinaria amministrazione gli atti che presentino tutte e tre le seguenti caratteristiche: 1) siano oggettivamente utili alla conservazione del valore e dei caratteri oggettivi essenziali del patrimonio in questione; 2) abbiano un valore economico non particolarmente elevato in senso assoluto e soprattutto in relazione al valore totale del patrimonio medesimo; 3) comportino un margine di rischio modesto in relazione alle caratteristiche del patrimonio predetto. Vanno invece considerati di straordinaria amministrazione gli atti che non presentino tutte e tre queste caratteristiche” (Cass. 15 maggio 2003 n. 7546)”
Trovata una distinzione teorica tra ordinaria e straordinaria amministrazione, occorre verificare se il principio generale di subordinazione dell’amministratore (mandatario) all’assemblea (mandante) è modificato ed entro quali limiti, oppure, se è opportuno che l’amministratore chieda l’intervento dell’assemblea prima di operare anche nell’ambito della straordinaria amministrazione.
La soluzione deve essere valutata in concreto e caso per caso, infatti, l’amministratore non può recarsi in mediazione obbligatoria (per una causa senza la preventiva delibera dell’assemblea), mentre potrebbe (soprattutto dopo la riforma del condominio) aprire un conto corrente, poichè, altrimenti sarebbe impossibile gestire il condominio ed adempiere agli obblighi contabili imposti dal legislatore della riforma (oltre ad essere revocabile).

Diversa è, invece, la questione se l’amministratore può chiudere un conto corrente senza autorizzazione dell’assemblea, sul punto, dopo la riforma, deve essere rilevato che l’amministratore deve conservare i documento contabili per 10 anni (ed è inutile sottolineare che il conto corrente è parte integrale, dopo la riforma, della documentazione del condominio) soprattutto a tutela dei proprietari, quindi, prima di chiudere un conto ed aprirne un altro è opportuno farsi autorizzare dall’assemblea.
Vanno autorizzati preventivamente dall’assemblea anche altri atti che possono essere di ordinaria amministrazione, ma che nessuno si compierebbe di fare senza l’intervento dell’assemblea, basta pensare alla locazione della casa del portiere oppure recesso da un contratto di fornitura di energia elettrica o di pulizia e alla apertura di altro contratto di pulizia o di fornitura elettrica, infatti, se in questi contratti sono preseti delle penali per il recesso anticipato chi paga ?
Ecco, quindi, che i margini di manovra dell’amministratore sono molto ristretti (anche e soprattutto per opportunità) e l’art. 1135 c.c. potrebbe anche essere letto in modo diverso, nel senso che l’amministratore potrebbe compiere atti di straordinaria amministrazione solo se urgenti, e non nel senso che l’ordinaria amministrazione può essere sempre compiuta senza autorizzazione, mentre la straordinaria amministrazione richiede sempre l’autorizzazione dell’assemblea. In altri termini, il principio della subordinazione dell’amministratore di condominio (mandatario) all’assemblea (mandante) non è derogato (in tutto o in parte) e, certo, la deroga non può essere trovata nell’art. 1135 c.c.
Esistono, poi, atti che, anche se preventivamente autorizzati dall’assemblea,non possono essere compiuti dall’amministratore del condominio e competono (anzi possono essere compiuti) solo dal singolo proprietario. In quanto il condominio gestisce solo i beni e servizi relativi ai beni indicati nell’art. 1117 c.c., per quanto riguarda, invece, beni diversi dall’art. 1117 c.c. o diritti relativi a beni diversi da quello indicati nel 1117 c.c. la competenza dell’amministratore e dell’assemblea si ferma.
Il sistema che si delinea consiste, pertanto, nel separare le situazioni di carattere condominiale da quelle di carattere individuale del singolo condomino e soltanto in ordine alle prime l’amministratore è legittimato ad esercitare le funzioni di rappresentanza, pur ammissibile un intervento dell’amministratore anche per la tutela degli interessi esclusivi del singolo condomino, purchè colui gli conferisca espressa procura. Si tratta di una figura del tutto speciale di rappresentanza, che si distingue dal modello di rappresentanza volontaria, in ragione della determinazione legale delle relative attribuzioni. Secondo la giurisprudenza consolidata, l’amministratore del condominio raffigura un ufficio di diritto privato assimilabile al mandato con rappresentanza, con la conseguente applicazione, nei rapporti tra amministratore e ciascuno dei condomini, delle disposizioni sul mandato. Ovviamente, come è desumibile, la rappresentanza, non soltanto processuale, dell’amministratore del condominio è circoscritta alle attribuzioni, ai compiti ed ai poteri, stabiliti dall’art. 1130 c.c.. Ove si tratti invece di azioni a tutela dei diritti esclusivi dei singoli condomini, tale legittimazione può trovare fondamento soltanto nel mandato conferito all’amministratore da ciascuno dei partecipanti alla comunione, e non nel meccanismo deliberativo dell’assemblea condominiale, ad eccezione dell’equivalente ipotesi di una unanime, positiva deliberazione di tutti i condomini.
Infatti, alcune materie, come la tutela per le immissioni (rumore, salute) sono di competenza specifica dei singoli proprietari, posto che il diritto alla salute è di loro competenza e non è di competenza del condominio. Anche la tutela delle distanze tra costruzioni è di competenza dei singoli proprietari.
Infine, è di competenza dei singoli proprietari anche il riconoscimento di una servitù di passaggio su un altro fondo.

Di Paolo Giuliano
Fonte: fanpage.it




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