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L'olio extravergine di oliva alla sfida dei mercati asiatici

L'olio extravergine di oliva alla sfida dei mercati asiatici



Intervista a Xiaowen Huang, fondatrice di Clubalogue Italia, compratore internazionale di food


"Il mercato europeo è fermo, ma la piazza asiatica è emergente e in forte espansione. Molti produttori italiani intraprendono la strada dell’export pensando alla prospettiva asiatica come una sorta di medicina per porre rimedio immediato a tutti i problemi inanziari. Purtroppo il mercato asiatico rimane un sogno se non si è consapevoli di come va affrontato".

Con questa lapidaria affermazione inizia la chiacchierata con Xiaowen Huang, fondatrice di Clubalogue Italia. Taiwanese, 34 anni, una laurea in giurisprudenza, una perfetta conoscenza del cinese, inglese e giapponese e un po’ di italiano. Da quasi un decennio Wen come la chiamano i suoi clienti, perchè “è più semplice” importa food (da quasi quattro dedica la sua attenzione di prodotti italiani) nei mercati dove opera la sua società: Taiwan, Cina, Giappone e marginalmente anche Corea. Una professionista del cibo che incontriamo durante la preparazione del suo nuovo libro dedicato di alcuni prodotti e produttori italiani. Verrà pubblicato entro fine anno per il mercato cinese.

Un produttore come deve avvicinarsi al mercato asiatico e soprattutto ai numerosi buyer che frequentano l’Italia?
Come compratore internazionale che viaggia spesso in Italia, sono in contatto con molti produttori di olio di oliva extravergine. Perme ovviamente la qualità dei prodotti è fondamentale, ma c’è una serie di altri fattori e circostanze da considerare per una possibile collaborazione. In particolare ci sono “cose” che si devono fare e altre che non si devono assolutamente fare.

Cosa non si deve fare?
Innanzitutto non dite mai “I am the best” oppure “il mio olio è il migliore”. Piuttosto fate di tutto affinchè la persona che avete davanti capisca da sola che il vostro olio è il migliore. Non insistete per farlo assaggiare a tutti i costi. Incuriosite semmai l’acquirente e lasciate che sia lui a chiedere. Non guardate con insistenza la persona che sta assaggiando: piuttosto lasciate un po’ di privacy, nella nostra cultura è importante.

Quando presentate il vostro olio non iniziate dalla fine, dicendo che è “un fruttato leggero”, “buono per la carne e il pesce”; iniziate invece dicendo se è “olio extra vergine di oliva” o “olio di oliva” offrendo indicazioni più generali sul prodotto, senza dare nulla per scontato, per arrivare alla fine agli aspetti degustativi e di abbinamento con i cibi.

Se siete produttori, fornite informazioni sul vostro olio e non solo sull’etichetta, sulla certificazione o sulla confezione: al buyer interessa sapere la varietà delle olive utilizzate, come e quando vengono raccolte, che tipo di lavorazione è stata effettuata. Oltre a ciò può essere utile indicare anche una ricetta tradizionale della regione di provenienza per far capire che il prodotto non solo lo vendete,ma lo usate.

Produrre olio è frutto di passione e competenza: il venditore deve riuscire a trasmetterle al cliente. Per questo motivo, non rispondere alle domande o entrare in dettagli magari irrilevanti o elencare inutili luoghi comuni come la bassa acidità riducono notevolmente la percezione di professionalità e passione.

Una mappa dell'Italia
Cosa è opportuno fare?

Innanzitutto, soprattutto se partecipate a manifestazioni non locali, mostrate su una mappa dell’Italia dove si trova l’azienda, giusto per capire se siamo al Nord o al Sud; meglio ancora una mappa più dettagliata della regione. Non tutti e non solo gli stranieri hanno una conoscenza dettagliata della geografia italiana e soprattutto non tutti sanno orientarsi facilmente!

Spiegate le caratteristiche che dovrebbe avere l’olio prodotto nella vostra area. Se l’azienda per esempio ha sede su uno dei laghi lombardi, facilmente direte che ’extravergine tipico ha un fruttato medioleggero, in bocca è dolce, poco piccante e poco amaro; a questo punto spiegate com’è il vostro olio, se rispecchia queste caratteristiche o se è diverso e perchè: in questo modo il cliente comprende meglio il vostro prodotto e il suo valore.

Il venditore deve far assaggiare l’olio dopo avere fatto ben comprendere chi è, dove opera e come produce. E con l’assaggio è bene accompagnare un bicchiere di acqua o un pezzo di pane, anche solo per cortesia.

Evitare elenchi di premi, certificazioni, onorificenze e riconoscimenti: è sufficiente appenderli alle pareti dello stand o dell’azienda. Il buyer solitamente incontra molti produttori e non ricorda ogni parola che dite: in realtà spesso non si ricorda quasi nulla! Ecco perchè non è sufficiente “parlare”, ma è fondamentale fornire anche “un pezzo di carta” da portare a casa, sul quale magari la persona interessata avrà fatto alcune annotazioni.

I componenti della mia società ed io per prima cosa seguiamo costantemente corsi di formazione e di aggiornamento sui prodotti che commercializziamo; a volte però i buyers si occupano di diversi alimenti e può succedere che non abbiano nessuna preparazione nel mondo dell’olio: ecco allora che spiegare pazientemente cos’è un extravergine e come si conserva può essere utile e produttivo.

Dimenticare il prezzo
Come può una piccola azienda essere competitiva sul mercato asiatico e internazionale in generale?


Il mercato internazionale degli extravergini è molto competitivo e diffuso. Se siete piccoli/medi produttori di olio di alta qualità, la mia raccomandazione è “dimenticare il prezzo”: con una produzione molto ridotta di eccellenza non c’è alcuna possibilità di competere sul prezzo con prodotti industriali. Pertanto il produttore dovrebbe concentrare l’attenzione sulle certificazioni dop, igp, bio e cercare di essere presente tutti gli anni e non saltuariamente sulle più importanti guide (Slow Food, Gambero Rosso…).

Visita aziendale
Per il mercato internazionale può anche essere redditizio abbinare il prodotto a un cantante o un artista famoso, ma che lo sia veramente perchè gli stranieri non sempre conoscono le celebrità italiane. Per le regioni e le aree dove non c’è dop o igp o dove non è possibile una produzione biologica, suggerisco di partecipare a concorsi internazionali e soprattutto emolto più semplicemente di invitare i buyer a visitare la vostra azienda, il
luogo di produzione: la vostra passione, la vostra competenza
e una visita dell’azienda sono il miglior biglietto da visita.

In contatto con i clienti
Come si parla agli asiatici?

Premesso che per gli stranieri è quasi impossibile raccogliere informazioni su di voi se i premi, i dati, le certificazioni, le etichette…sono scritte solamente in italiano, sul mercato internazionale l’inglese è la lingua generalmente utilizzata per scrivere e parlare. E ricordate chemolti buyer danno importanza e credito alle informazioni scritte quando si tratta di iniziare una nuova esperienza commerciale: io stessa per esempio dò molta importanza alla completezza dei certificati, ai riconoscimenti, alla correttezza e alla presentazione di tutta la documentazione relativa al prodotto che sto per acquistare.

Artigiani del gusto o internauti?
Per molti piccoli produttori la comunicazione è probabilmente l’ultimo dei problemi, in quanto tutta l’attenzione è focalizzata sulle olive, sul frantoio, sul prodotto finale, ma nell’attuale sistema di commercio è fondamentale scrivere e parlare in inglese, partecipare a concorsi, preparare documentazione tecnica, pensare alle certificazioni, oltrechè avere una sito internet in italiano ma anche in inglese, che magari può essere utilizzato per l’ecommerce ma anche per gestire informaticamente l’azienda. E poi i social network, Facebook su tutti, con i quali mettersi in contatto con tutto il mondo, condividere e raccontare la propria storia, il proprio lavoro, informare sulle promozioni e soprattutto far vedere la propria azienda, mettere la propria faccia e consentire a tutti di interagire con voi: è un aspetto fondamentale per restare in contatto con i clienti stranieri.


Di Marco Antonucci, Terra e Vita


Fonte: agricoltura24



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