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SIGNIFICATO E ORIGINE DEI NOMI DI THE STRONGHOLD SAGA

SIGNIFICATO E ORIGINE DEI NOMI DI THE STRONGHOLD SAGA




Buongiorno, lettori!
Ebbene sì, dopo un’assenza di svariati mesi, torna la rubrica dedicata alla scrittura. Ultimamente sto assistendo all’ascesa di alcuni amici scrittori, diversi hanno fatto il salto di qualità dal selfpublishing all’editoria con nomi come Rizzoli e Triskell Edizioni. Colgo l’occasione per fare loro un mare di auguri per le nuove pubblicazioni, so quanto valgono e non vedo l’ora di immergermi nelle trame create da questi maestri (o, sarebbe il caso di dire, maestre. Sì, Malia e Corinne, mi riferisco proprio a voi!)
Oggi vorrei parlarvi della scelta dei nomi e dei riferimenti collegati a questi all’interno di The Stronghold Saga. Sì, perchè c’è un piano di lettura secondario di tipo ironico nei riferimenti che va analizzato, nella speranza di non spoilerare eccessivamente la storia.

Iniziamo da Layana: questo nome era stato scelto nel lontano 2004 per un personaggio diverso, ossia per la madre di un’altra elfa, mio alter-ego spiccicato, Roxelle, madre la cui dipartita era stata trasfigurata nella menzogna. È proprio dal verbo to lie che prende il nome questa maga deceduta (lie inteso sia come mentire che come giacere), successivamente ho scoperto che anche una catena di alberghi, un comune spagnolo e una cantante rispondono a questo significante. Per quanto concerne Indil in elfico vuol dire semplicemente giglio e, come notiamo, da un certo punto in poi della storia questo secondo nome non verrà più usato. Seamoon invece è un cognome composto di mare e luna, si può intendere come luna azzurra o come luna che si riflette sul mare. Il nome nel complesso potrebbe indicare un giglio il cui riflesso sul mare notturno lo rappresenta in modo menzognero oppure un giglio che di notte appassisce in riva al mare. I tre nomi vogliono evocare nel complesso qualcosa di puro che si corrompe con l’oscurità, sta al lettore capire in che modo questa interpretazione sia vera o se non lo sia.

Mark, nome privo di cognome per il suo retaggio, è semplicemente una modifica di Marx. Sì, parlo proprio di Karl Marx, colui che ha teorizzato il comunismo, il grande filosofo ed economista. Volevo che ci fosse una testimonianza, nel mio libro, della mia riscoperta universitaria dei Manoscritti economico-filosofici del 1843 e, magari a torto, ho creduto che sarebbe stato un nome abbastanza duro e semplice per un mezz’elfo così particolare. Esprime forza e rievoca il simbolo di San Marco, il leone, anche un po’ nei colori dorati e rossicci della carnagione, degli occhi e dei capelli (in più, a volte gli capita di ringhiare, ama la carne al sangue ed è il personaggio più coraggioso di tutti) E poi, mi è sempre piaciuto il nome Marco, solo che era troppo ordinario per un personaggio fantasy. Così, almeno, sono riuscita a realizzare l’aspirazione di avere un Marco in una delle mie trame.

Lotharius, il grande amore, il grande rivale, il nemico mortale. Come mai questo nome dal sapore così arcaico? Beh, la risposta è persino banale, agli occhi di qualcuno che conosca la storia dell’impero carolingio. Lotario I, nipote di Carlo Magno, era il primogenito di Ludovico il Pio, unico figlio sopravvissuto del primo imperatore del Sacro Romano Impero. Essendo il primogenito ma non l’unico erede (infatti c’erano anche Carlo il Calvo e Ludovico il Germanico) ma non accontentandosi di dividere i territori con i fratelli (tra l’altro Carlo, il più piccolo, lo era solo per metà) finì con lo scatenare una guerra che perse, fuggendo per aver salva la vita, ottenendo come punizione la riduzione drastica dei territori sotto il suo potere diretto, a lui rimase solo la Lotaringia. La sfrontatezza di questo personaggio storico, la sua personalità caparbia e ambiziosa, il suo destino tragico e la fine della sua linea di sangue (che proseguirà con il fratello Ludovico) mi hanno sempre affascinato. Ed è per questo che il Capostipite dei vampiri si chiama Lotharius (I).

L’origine del nome di Leonard non si può menzionare senza spoilerare qualcosa, dirò solo che è il nome di mio nonno materno, una persona estremamente importante che purtroppo è spirata all’inizio del 2013 e che sarà sempre nel mio cuore. Ho voluto dare il suo nome a un personaggio molto complesso che non escludo di indagare in seguito.
Elesia è un nome molto meditato, forse più degli altri. Volevo un nome dal suono dolce, che desse l’idea di qualcosa di scelto dal destino come compagna per Mark, volevo anche un nome che rappresentasse il suo essere lontana da casa e il suo essere l’ultima sopravvissuta di un popolo, qualcosa di “staccato” dal contesto abituale ma non per questo nel posto sbagliato. L’assonanza con “elisione” ed “eletta” non è assolutamente casuale.

Taras letteralmente significa “tenace”. Volevo un capo forte nelle sue convinzioni ma non così sciocco da essere cieco agli altri punti di vista, Taras esprimeva esattamente la sua personalità. Il suo cognome, Whiterose, richiama un po’ al simbolo degli York della Guerra delle due rose ed è anche ottimo per rappresentare la sua bontà di fondo e il suo lignaggio nobile.
Fuinur, da elfico di tolkeniana memoria, può voler dire sia “Morte della Tenebra” che “Grande Tenebra”. Non c’è da aggiungere altro per spiegare l’evoluzione di questo chierico che ho amato tantissimo e le cui azioni e i cui dialoghi sono sempre ispirati e divertentissimi da scrivere.

Eruannon, come già affermato nel libro stesso, è “Dono di Dio”. Questo monaco ha rappresentato per me la possibilità di inserire un tipo di azione estremamente fisica (resa realistica dall’anno di Muay Thai con esami di cintura che, guardacaso, ha coinciso con la stesura della seconda metà del secondo libro, ossia quella in cui è presente questo elfo) e un accenno di filosofia zen e taoista che, tra le righe, è evidente solo a chi ne ha letto almeno qualche haiku o aforisma. Il suo destino non è una punizione, è piuttosto un atto di pietoso amore per evitare che prenda parte all’oscurità del terzo libro.
Rudiger, l’umano Sapiente, voleva essere un nome normale, solo reso un po’ tedesco, che richiamasse il rosso, colore della neutralità nell’idolatrata saga di Dragonlance, e questo riferimento spiega tutta la ragion d’essere di questo uomo, non buono, non cattivo, semplicemente umano.

Wilhelm Atk Thomak, nome costruito tramite il riferimento al primo nome di battesimo del filosofo Hegel e al nome dell’erede dei conti d’Aquino, monaco domenicano e santo, Tommaso d’Aquino. Inutile dire, a giudicare dal carattere di questo nano, quanto io detesti questi due filosofi. Negli anni ho leggermente rivalutato Tommaso, ma Hegel rimane per me uno dei più sopravvalutati, boriosi, egocentrici e pessimi storici della filosofia mai partoriti dalla Germania. Il padre di Wilhelm, solo nominato, Baruk, ha il nome di battesimo di Spinoza, altro filosofo che non è mai entrato nelle mie grazie intellettuali. Sono nomi che, puri o adattati leggermente, hanno un suono aspro, come si suppone debba essere la lingua nanica nel mio mondo, in più “Wilhelm” ha una assonanza con “Vile” che, per rappresentare questo Re, è risultata semplicemente perfetta.
Scegliere i nomi è stato molto più difficile di qualsiasi altra decisione nella mia vita di autrice, non volevo cadere nell’ovvio o nel troppo artificioso, volevo che fossero nomi originali senza essere impronunciabili, volevo che rappresentassero al meglio il mio retaggio culturale, il background e il carattere del personaggio, il suo destino ed eventualmente addirittura la sua crescita (come nel caso di Layana); in più, cosa affatto facile, volevo che fossero riconoscibili e non si confondessero con i mille nomi delle mille trame del vasto universo fantasy.
Spero di avervi incuriositi e fatti divertire, che il breve viaggio nella mia matta testa creativa non sia stato troppo sconvolgente e di aver suscitato in voi la voglia di leggere o di rileggere The Stronghold Saga.
Al prossimo articolo, grazie di essere arrivati fin qui!


15/03/2015
Rubrica a cura della scrittrice Rossella Modugno