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4° appuntamento con la rubrica legale curata dall'avvocato Mariano Caputo: ''La Corte costituzionale boccia la mediazione obbligatoria nelle controversie civili e commerciali. - Cosa succede?''

4° appuntamento con la rubrica legale curata dall'avvocato Mariano Caputo: ''La Corte costituzionale boccia la mediazione obbligatoria nelle controversie civili e commerciali. - Cosa succede?''


L'incostituzionalità della mediazione obbligatoria non travolge del tutto la mediazione, anche se la depotenzia notevolmente. La procedura alternativa alla soluzione giudiziale delle lite rimane, infatti, affidata alla volontà concorde delle parti e al prudente consiglio degli avvocati, i quali potrebbero, comunque, suggerire ai propri clienti aspetti di convenienza processuale nell'attivare la mediazione.
La sentenza della Corte costituzionale, di cui è stato reso noto il dispositivo, ha dichiarato la illegittimità costituzionale, per eccesso di delega legislativa, del d.lgs. 4 marzo 2010, n.28 nella parte in cui ha previsto il carattere obbligatorio della mediazione.
Ma l'istituto resiste.
Peraltro il venir meno dell'obbligatorietà, in particolari materie (quelle dell'articolo 5 del citato decreto legislativo), comporta il venir meno delle sanzioni processuali collegate all'obbligatorietà stessa e quindi smorza l'effettività della procedura e neutralizza i possibili effetti deflattivi sulla mole dei processi civili.
Viene meno, ad esempio, la sanzione pecuniaria, pari al contributo unificato, per chi non partecipa alla mediazione.
Rimangono, invece, le sanzioni processuali derivanti da un comportamento ostruzionistico nel corso di una procedura, che non può che essere facoltativa: conseguenze negative sulla decisione in ordine alle spese di lite all'esito della causa conseguente al rifiuto della proposta di mediazione il cui contenuto venga integralmente ripreso dalla successiva sentenza del giudice (articolo 13 del d. lgs. 28/2010); argomenti di prova sfavorevoli a causa della mancata partecipazione senza giustificato motivo (articolo 8,comma 5 primo periodo, d. lgs. 28/2010).
La conciliazione viene ricondotta a una scelta della parte.
Potrebbe trattarsi di un effettivo spirito conciliativo in un quadro in cui gli interessati hanno una buona disposizione a mettersi d'accordo e a risparmiare il tempo e le spese di una causa ordinaria.
Potrebbe, anche, trattarsi di una pura strategia processuale tesa a provocare un procedimento coltivando la speranza (paradossale) che la controparte non si presenti, così da poter prospettare al giudice l'assenza quale elemento a proprio favore.
Resta il fatto che l'impulso drastico alla conciliazione imposto dalla mediazione obbligatoria scompare e tutto è affidato agli avvocati delle parti.
Peraltro i legali possono avere un incentivo alla conciliazione che deriva dal decreto sui parametri (dm 140/2012).
Ai sensi dell'articolo 4 del dm 140/2012, infatti, quando il procedimento si conclude con una conciliazione il compenso è aumentato fino al 25 per cento rispetto a quello liquidabile usando i parametri ordinari.
Tornando al prevedibile contenuto della sentenza della Corte Costituzionale l'illegittimità riguarda l'articolo 5 del d. lgs. 28/2010.
Questa disposizione stabiliva un elenco di materie per le quali la procedura di mediazione rappresentava condizione di procedibilità.
Le controversie interessate sono quelle in materia di: condominio, diritti reali, divisione, successioni ereditarie, patti di famiglia, locazione, comodato, affitto di aziende, risarcimento del danno derivante dalla circolazione di veicoli e natanti, da responsabilità medica e da diffamazione con il mezzo della stampa o con altro mezzo di pubblicità, contratti assicurativi, bancari e finanziari.
Per queste materie l'improcedibilità, a pena di decadenza, doveva essere eccepita dal convenuto, ma poteva anche essere rilevata d'ufficio dal giudice, non oltre la prima udienza. Inoltre il giudice se avesse rilevato che la mediazione era già iniziata, ma non si era conclusa, avrebbe dovuto fissare la successiva udienza dopo la scadenza del termine previsto per la conciliazione (quattro mesi).
Allo stesso modo il giudice doveva provvedere quando la mediazione non fosse stata stata esperita, assegnando contestualmente alle parti il termine di quindici giorni per la presentazione della domanda di mediazione.
Tali disposizioni riguardano direttamente la mediazione obbligatoria e quindi non possono che essere oggetto di annullamento da parte della Consulta.
Viene implicitamente annullato, peraltro, anche un indotto legislativo che aveva a presupposto la mediazione obbligatoria.
Viene meno, ad esempio, l'obbligo degli avvocati di informare sulla conciliazione obbligatoria, anche se rimane l'obbligo di informare sulla conciliazione facoltativa.
Per fare un altro esempio di conseguenze della sentenza della corte costituzionale, per le liti condominiali la legge di riforma in itinere si sta preoccupando di definirne l'ambito e di disciplinare la competenza territoriale (organismo di conciliazione presente nella circoscrizione del tribunale in cui ha sede il condominio) : tutti aspetti che non troveranno più un riscontro normativo.
Arrivederci al prossimo appuntamento
A cura di Mariano Caputo


06/11/2012
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